Emilia-Romagna, da terra rossa a terra di mafia.
Secondo il dossier, sono cominciate ad arrivare alla dine degli anni 50, quando, dopo l’emissionedella legge sul ‘confino’ nel 1958, l’Emilia Romagna ha iniziato a ospitare i mafiosi che venivano mandati li dallo Stato per ‘ravvedersi’.
Il Gruppo Antimafia Pio La Torre ha appena pubblicato un dossier che riassume lo stato dell’infiltrazione mafiosa in Emilia Romagna, regione centrale lontana dalle roccaforti del crimine organizzato nel sud Italia ma non per questo libera dalla sua presenza.
Anzi. Quello che emerge è un quadro molto inquietante, dove se la ‘Ndrangheta e la Camorra mantengono un ruolo egemone non mancano le infiltrazioni della Cosa Nostra siciliana, e si registrano presenze di numerose altre organizzazioni minori: dalla pugliese Sacra Corona Unita alle organizzazioni criminali nord africane, le temibili mafie nigeriane, cinesi e albanesi. Non mancano neppure gruppi organizzati latino americani, rumeni e est europei in genere.
Il primo è stato Procopio Di Maggio, capo mandamento di Cinisi (Pa), a cui è seguita la famiglia, e gli amici, e la famiglia degli amici, fino ad arrivare all’oggi: oltre 3.600 uomini e donne affiliati. Parliamo, tra gli altri, di Tano Badalamenti (che secondo la Criminalpol dal ’74 al ’76 gestiva i suoi traffici illeciti dalla provincia di Modena), Pasquale Condello, il „supremo Boss“ di Reggio Calabria („cuore in Calabria e portafoglio a Cesena“ si diceva) e il Casalese „Sandokan“, in origine Francesco Schiavone.
Ma il Gruppo Antimafia Pio La Torre non traccia solo lo storico dell’infiltrazione, ci racconta in modo preciso anche la situazione odierna. Appalti pubblici, gestone di opere pubbliche, pizzo, movida e bei ristoranti alla moda, come il Regina Margherita di via Farini a Bologna.
In 50 pagine traccia le maggiori operazioni di polizia antimafia che hanno dato filo da torcere alle organizzazioni in Emilia-Romagna, operazioni che descrivono senza mezzi termini il modo in cui la Regione è ormai utilizzata come un proseguimento delle terre d’origine per tutte e quattro le mafie italiane.
La Direzione Investigativa Antimafia nel suo ultimo rapporto semestrale sottolinea inoltre come la zona sia ormai ‘inquinata’ dal gioco d’azzardo che spesso porta all’indebitamento e successiva estorsione e usura da parte delle mafie. Ma pochissimi sono quelli che denunciano, compresi migliaia di esercizi commerciali che pagherebbero il pizzo in silenzio. E il paradiso fiscale di San Marino sarebbe ideale per ‘pulire’ fondi neri senza dovere coprire lunghe distanze. Dice il dossier:
“L’Emilia-Romagna balza al quarto posto per il riciclaggio di denaro sporco. Peggio stanno solo
Lombardia, Lazio e Campania: il numero delle operazioni sospette nel 2012 è stato pari a 5.192, nel 2008 erano 986.“
Cecilia Anesi, Giulio Rubino