Clan Zagaria dei Casalesi controllava appalti ospedalieri grazie a politici collusi. La Dia arresta 24 persone.
Dalle prime ore dell’alba, nelle province di Caserta, Napoli e Verona, all’esito di un'articolata indagine coordinata dalla Procura di Napoli, agenti della Direzione Distrettuale Antimafia (D.I.A.) hanno arrestato e portato in carcere dieci indagati e portato ai domiciliari altri 14, per avere negli anni infiltrato il tessuto dell’azienda ospedaliera ‘S. Anna e S.Sebastiano’ di Caserta, tanto da influenzare l’affidamento dei lavori pubblici, a vantaggio diretto del clan Zagaria.
Gli arrestati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, corruzione, turbativa d’asta, abuso d’ufficio con l’aggravante del metodo mafioso.
L’indagine, durata più di due anni, è stata supportata sia da testimoni che da informazioni documentali, che da intercettazioni telefoniche e ambientali eseguite anche all’interno dell’azienda ospedaliera.
É emerso come, nell’ospedale, il clan ZAGARIA – fazione del clan dei Casalesi, operante nel Comune di Casapesenna — la facesse da padrone, avendo stabilito una consolidata rete di connivenze e collusioni tra la Camorra e gli appartenenti al mondo della pubblica amministrazione, della politica e dell’imprenditoria. Grazie a questa rete, soprannominata dagli inquirenti ‘il sistema degli ZAGARIA’, il clan riusciva a controllare e gestire, in regime di assoluto monopolio, gli appalti e gli affidamenti diretti di lavori all’interno dell’ospedale casertano.
Centrale il ruolo svolto dalla sorella del noto boss ed ex primula rossa casalese, Michele Zagaria. É a lei infatti che, a seguito dell’arresto di tutti i membri maschi della famiglia e dopo la morte del marito, era toccato il compito di gestire gli ingenti capitali illeciti e i business del clan.
Il sodalizio disarticolato con questa operazione fu creato nell’anno 2006, quando il cognato di Zagaria Michele (allora latitante), marito della sorella, supportato politicamente dal segretario campano del partito UDEUR dell’epoca (succeduto a Nicola Ferraro arrestato nel 2008 e poi condannato per concorso esterno in associazione mafiosa per aver supportato ‘politicamente’ il clan Schiavone di Casal di Principe), riuscì a far nominare un suo uomo di fiducia quale Dirigente Generale dell’ospedale ‘S. Anna e S. Sebastiano’. Da quel momento, secondo l’ordinanza cautelare, il cognato di Zagaria assunse il controllo delle assegnazione dei lavori pubblici nell’ospedale, dando vita ad un cartello di imprese mafiose, ancora oggi operante.
Seconda la ricostruzione condivisa dal Giudice per le indagini preliminari che ha firmato l’ordinanza di oggi, sempre nel 2006 vi fu un duplice avvicendamento politico-mafioso all’interno dell’ospedale. Infatti, con l’implosione del partito UDEUR e con la caduta del Governo Prodi, nel 2008, gli Zagaria cercarono e trovarono la necessaria la necessaria ‘copertura politica’ nella propaggine campana del partito di Berlusconi, il PDL, e più in particolare, nel suo (allora) capo indiscusso, Nicola Cosentino, rimasto referente politico del sistema criminale fino al momento del suo arresto, avvenuto nel marzo 2013 (come abbiamo gia scritto).
Direttamente impegnati nella ‘copertura politica’ dell’organizzazione mafiosa casalese, sono risultati essere due uomini di Cosentino, entrambi destinatari dell’odierna misura cautelare. Si tratta del consigliere provinciale di Forza Italia, Antonio Magliulo, e l’allora consigliere regionale del medesimo partito, Angelo Polverino.
Centro nevralgico delle attività criminali era l’ufficio del Dirigente dell’Unità Operativa Complessa di Ingegneria Ospedaliera che aveva il compito di truccare i bandi di gara per favorire gli imprenditori del clan, i quali periodicamente versavano una parte dei guadagni al Clan.
Parlando di cifre, sono state favorite le ditte ‘Iannone Luigi’ per un appalto di 450.000 euro, la ditta ‘Odeia srl’ per 150.000 di lavori, la ditta ‘Kome srl’ per 1.189.500 euro e altre.
Ad undici indagati, infine, è stato notificato un decreto di sequestro preventivo complessivamente per 18 immobili, 11 terreni, 1 box auto, 3 autovetture, diverse quote societarie, per un valore stimato complessivo di oltre 12 milioni di euro.
Di Cecilia Anesi e Giulio Rubino