Mafia (IT)

Ndrangheta al Pantheon: sequestrati due noti ristoranti

Entrambi centralissimi, in zona Pantheon, in una delle parti più affascinanti di Roma. Entrambi pieni di turisti. Entrambi famosissimi. Sono i ristoranti ‘La Rotonda’ e ‘Er Faciolaro’, sequestrati questa mattina dagli uomini della Direzione Investigativa Antimafia (DIA) di Roma che impugnavano un decreto preventivo del GIP, richiesto dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Roma, al quale il proprietario dei locali non ha potuto sottrarsi.

von Cecilia Anesi , Giulio Rubino

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Per Salvatore L., classe ’68, imprenditore calabrese finora insospettabile, sono infatti scattate le manette e gli arresti domiciliari. Sarebbe responsabile, in concorso con altri, del reato di intestazione fittizia di beni. Per ben 10 milioni di euro. Si perché Salvatore non solo gestiva due prestigiosi ristoranti, ma anche negozio di souvenir e arredo, la „MI & CHI“, sito in via della Rotonda, sempre nelle vicinanze del Pantheon. Il tutto, per la temibile cosca di ‘Ndrangheta dei Piromalli-Molè.

La figura del prestanome era emersa nella nota indagine sulle infiltrazioni nella Capitale della cosca di ‘Ndrangheta Alvaro di Sinopoli, che aveva portato al sequestro e alla successiva confisca del „Caffè de Paris“. Era infatti stato scoperto che Salvatore L. intratteneva rapporti con vari affiliati alla cosca, tutti coinvolti in un vasto commercio transnazionale di merci contraffatte, prodotte in Cina, ‘sdoganate’ a Gioia Tauro (RC) grazie all’appoggio dei Piromalli, cosca che controlla il porto e l’intera Piana (e destinataria oggi di un altro provvedimento dalla DDA di Reggio Calabria), con destinazione finale Repubblica Ceca.

La DIA ha tenuto sotto controllo l’uomo da allora, e appurato come gli investimenti milionari effettuati in poco tempo da Salvatore L. fossero assolutamente incompatibili e sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati al fisco. Ecco quindi il sospetto, confermato con l’odierna operazione, che i soldi necessari all’acquisto e alla gestione dei due ristoranti fossero in odore di mafia. Astutamente, l’uomo aveva creato una serie di società di comodo che aveva intestato a parenti o dipendenti, per nascondere la reale proprietà dei ristoranti. La DIA ha posto i sigilli anche a queste aziende, consegnando un avviso di garanzia ad altre otto persone, tutte ritenute responsabili di avere fatto il gioco del prestanome.

Di Cecilia Anesi e Giulio Rubino