Colluso con Cosa Nostra etnea: sequestrati 26 milioni a imprenditore eolico
Alzava pesi con le gru e costruiva edifici ad alta efficienza energetica, installava parchi eolici, addirittura con il colosso spagnolo delle turbine a vento Ecotècnia. Un impero di sei aziende e da 26 milioni di euro, finito tutto sotto sequestro questa mattina quando la Compagnia Sicilia dei Carabinieri di Catania ha posto i sigilli. Il sequestro arriva un anno dopo la condanna in primo grado a 12 anni che ha ritenuto l'imprenditore Massimino S. responsabile di avere collaborato con la famiglia di Cosa Nostra catanese Santapaola – Ercolano.
A dimostrarlo sono state le indagini del 2010 soprannominate IBLIS, che hanno messo in luce i rapporti dell’imprenditore dell’eolico con le famiglie mafiose di Catania, Ramacca e Caltagirone. In particolare, il giudice ha condannato Massimino per avere messo a disposizione la propria attività imprenditoriale alla mafia, grazie ad un rapporto molto stretto con l’allora referente provinciale di Cosa Nostra Vincenzo Aiello, partecipando alla distribuzione di lavori controllati direttamente o indirettamente dall’organizzazione criminale. Massimino S. alla mafia versava anche delle somme di denaro e permetteva ad imprese mafiose o colluse di partecipare alle sue attività economiche.
In questo modo, da una parte riusciva a mantenere le sue imprese sul mercato distorcendo la libera concorrenza, e dall’altra apportava „un concreto contributo causale ai fini della conservazione, del rafforzamento e, comunque, della realizzazione anche parziale del programma criminoso di Cosa Nostra etnea.“
Massimino, se da un lato doveva pagare le ‘tasse mafiose’ ad Aiello per i lavori effettuati tramite le sue imprese, dall’altro sfruttava il legame con lui per accaparrarsi ulteriori lavori, riuscendo cosi a inserirsi in importanti accordi imprenditoriali che venivano, ovviamente, inquinati dalla mafia. Un esempio? Un lavoro relativo alla realizzazione di un parco commerciale sito allo svincolo di Gravina di Catania.
Per un imprenditore, avere a che fare con la mafia porta grandi vantaggi ma anche grandi pericoli. E spesso le vicende non finiscono solo con le sbarre del carcere, ma anche nel sangue. E infatti il valore economico che un imprenditore del calibro di Massimino S. rappresentava per Aiello è stato la causa di una faida tra Aiello e Angelo Santapaola, all’epoca reggente operativo della famiglia mafiosa di Catania, il quale non aveva gradito che il sostanzioso ‘pizzo’ pagato dall’imprenditore venisse raccolto da Aiello. Proprio questo argomento veniva affrontato tra i due uomini d’onore nel corso di uno scontro avvenuto la sera del 22 settembre 2007. Quattro giorni dopo Santapaola fu ucciso, come scoperto dall’indagine IBLIS, e Aiello condannato all’ergastolo il 25 marzo 2014 per tale omicidio.
Di Cecilia Anesi e Giulio Rubino