Mafia (IT)

Operazione ‘GEA’ contro la camorra: venti in manette.

Controllavano i trasporti di frutta e verdura dai grandi mercati di Fondi, Catania, Palermo, Gela e Giugliano in Campania. Un piccolissimo gruppo di aziende, i cui proprietari risultano legati ai clan camorristici dei “Casalesi” e dei “Mallardo”, erano riuscite ad imporre, con la violenza, il loro monopolio su gran parte del sud Italia.

von Cecilia Anesi , Giulio Rubino

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Dal sud del Lazio fino alla Sicilia non è la prima volta che la magistratura rivela l’infiltrazione mafiosa nei grandi mercati ortofrutticoli Italiani. Il settore dei trasporti ortofrutticoli è infatti estremamente appetibile per i clan: oltre a muovere enormi capitali consente infatti di reinvestire grandi quantità di denaro sporco, di mantenere una sorta di ‘controllo’ su di un settore produttivo strategico in Italia, e sopratutto permette di gestire il ‘consenso’. Attraverso questo business infatti, i clan possono offrire lavoro ed ottenere fedeltà, curando quella ‘base’ popolare che è poi la radice culturale delle mafie, l’area grigia che permette i nuovi reclutamenti e fornisce protezione alle attività dei boss.

Anti-Mafia Operation Gea

Operazione Gea al Mercato Ortofrutticolo di Giugliano

Non sorprende quindi che, già all’indomani dei numerosi arresti di imprenditori e sequestri di aziende avvenuti cinque anni fa, nel Maggio 2010, la camorra si sia affrettata a riorganizzarsi in questo settore.

La fotografia del 2010 era centrata su ‘La Paganese Trasporti’ di Costantino Pagano. Rappresentante degli interessi del clan ‘Schiavone-Del Vecchio’ della camorra dei ‘Casalesi’, Pagano era riuscito ad imporsi come monopolista del settore, non senza stringere accordi con la ‘cosa nostra’ siciliana, tanto che anche Gaetano Riina, fratello dell’ex capo dei capi, fu arrestato nella stessa circostanza.

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Uno dei camion delle ditte infiltrate

L’operazione ‘Sud Pontino’ aveva messo fine al suo dominio, ma aveva aperto la porta ad altri che prontamente hanno occupato lo spazio lasciato vuoto.

Il fratello di uno degli arrestati del 2010 infatti, Libero F. era pronto a prendersi in carico il business grazie alla sua ditta individuale, tanto che per la seconda metà di quello stesso anno l’intero portafoglio clienti della ‘Paganese Trasporti’ era passato nelle sue mani. Un affare fin troppo grande per una sola azienda da gestire, tanto che Libero F. aveva stretto rapporti con un altra azienda della provincia di Salerno, che condivideva il lavoro con la sua.

Grazie alla violenza e all’intimidazione, i commercianti si sono rapidamente adattati ad usare le ditte di Libero F. e colleghi per i loro trasporti.

Due anni dopo però, per ragioni di salute, Luigi Terracciano, arrestato ed incarcerato come collaboratore di Pagano, aveva ottenuto gli arresti domiciliari, e subito aveva ripreso il suo ruolo di rilievo sul campo. Appena uscito di galera, stringe la sua morsa sull’Abruzzo, facendo espandere anche in quella regione lì azienda di Libero F. e comincia a prendersi cura delle spartizioni territoriali fra i vari clan e anche fra le diverse mafie d’Italia.

Oggi i rapporti sono più semplici, tutti gestiti all’interno della camorra, comunque una certa diplomazia è stata necessaria da parte di Luigi Terracciano per evitare frizioni con il clan Mallardo, che aveva nel frattempo preso il controllo del mercato di Giugliano in Campania, vicino Napoli.

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I mercati ortofrutticoli infiltrati

In quella città, grazie a dichiarazioni di collaboratori di giustizia, gli inquirenti hanno potuto scoprire come il monopolio fosse stato affidato a Salvatore D’A., che controllava si il trasporto, ma era anche ‘esattore’ della quota di estorsione riservata ai boss su ogni transazione. Per usare le parole delle intercettazioni: „una cosa è il trasporto ed una cosa è la provvigione“

Venti persone sono finite in manette questa mattina, quando la Direzione Investigativa Antimafia di Roma, supportata dai Centri Operativi di Napoli, Palermo, Catania, Caltanissetta, e Salerno, ha eseguito l’ordinanza del Tribunale di Napoli. Il panorama rivelato dalle indagini resta preoccupante: un mercato completamente sottratto alla libera concorrenza, dove per poter lavorare serve il permesso dei boss.