La ‘Ndrangheta a Engen. I boss reggini in Germania e Svizzera.
la ‘ndrangheta ha ‘locali’ radicate da decenni a Frauenfeld in Svizzera e a Singen, Radolfzell, Francoforte sul Meno e Engen in Germania. Lo aveva delineato l’indagine ‘Crimine’ della Procura di Reggio Calabria, lo conferma con forza l’ordinanza di custodia cautelare in carcere che ha raggiunto cinque ‘ndranghetisti il 4 Dicembre 2014. Dalle indagini emerge un nome, quello di Achille P., che sarebbe stato in stretto contatto con gli arrestati. L’uomo e’ considerato dagli inquirenti a capo della locale di ‘Engen’, ma nessuna indagine ha portato al suo arresto.
Le ramificazioni svizzero-tedesche della ‘Ndrangheta calabrese sono state ben analizzate dal recente lavoro dei carabinieri del ROS di Milano e Reggio Calabria. Si tratta — sia per quanto riguarda le propaggini del nord Italia che per quelle di Svizzera e Germania — di ‘ndrine che operavano su territori nuovi ma che conservavano un rigido legame con i clan madre di Giffone e Fabrizia a cavallo tra il vibonese e il reggino.
Fondate da espatriati reggini, le cosche svizzero-tedesche replicano fedelmente il collaudato modello dei clan calabresi sia per quanto riguardala loro organizzazione interna che per le attività intraprese.
Oltre ad occuparsi del locale traffico di droga, le carte giudiziarie rivelano che i sodalizi facevano frequente uso di estorsioni, e perfino omicidi, allo scopo di consolidare la propria posizione di dominio.
Frauenfeld, capoluogo del Canton Turgovia, era l’epicentro di una struttura criminale presente sul territorio elvetico fin dagli anni ‘70. La ‘Società’ locale, guidata da Antonio Nesci, noto come la ‘Montagna Svizzera’, aveva una ruolo di rilevanza nell’intreccio tra i clan calabresi e i loro distaccamenti d’oltralpe.
Le intercettazioni telefoniche dimostrerebbero come Nesci fosse solito vantarsi delle sue abilità nell’ estendere la rete di attività illecite del clan di Frauenfeld. „chi vuole lavorare può lavorare,…c’è il ‘lavoro’ su tutto: estorsioni, coca, eroina, tutto c’è!…(inc)… 10 chili, 20 chili al giorno ve li porto…io!…Personalmente!..“. Questo era quello che il boss affermava in una riunione del sodalizio svizzero intercettatta dagli inquirenti. Nesci, arrestato il 22 Agosto 2014 in occasione di una visita in Italia, avrebbe preso ordini dal ‘Crimine’ calabrese tramite la figura di Giuseppe Antonio Primerano, capo clan di Fabrizia.
Primerano godeva da tempo di una posizione di primissimo piano che gli permetteva di controllare l’espansione della ‘Ndrangheta oltreconfine. Il boss di Fabrizia aveva infatti già dato autorizzazione ad emigrati calabresi a stabilire in Germania ‘locali’ che avrebbero poi agito sotto le sue direttive. In particolar modo, un ruolo prominente era quello affidato al clan di ‘Singen’, guidato da Bruno Nesci e facente capo, sempre tramite Primerano, all’organizzazione di Domenico Oppedisano.
Il boss Oppedisano, come svelato dall’ inchiesta ‘Crimine’ del pm Nicola Gratteri, era considerato ‘capo crimine’, ovvero colui che è incaricato, per saggezza e anzianità, di dirimere le questioni tra le varie ‘ndrine.
In seguito all’arresto di Giuseppe Primerano, avvenuto nel Luglio 2010, una nuova figura era emersa sullo scenario delle ‘ndrine svizzero-tedesche: Giuseppe La Rosa, capo clan di Giffone, anche lui tra gli arrestati delle recenti operazioni di polizia.
Le carte giudiziarie ci permettono di tracciare i frequenti viaggi di Giuseppe La Rosa verso la Svizzera e Frauenfeld in particolare. Lì egli vantava un ruolo di primo piano nel conferimento delle ‘doti’, ovvero i gradi, ai componenti della cosca locale.
Il rapporto tra La Rosa e il boss di Frauenfeld, Antonio Nesci, era particolarmente stretto secondo gli inquirenti. Il 26 Luglio 2014 La Rosa si trovava in Svizzera per incontrare Nesci e Achille P. originario di Giffone e esponente di spicco delle locali tedesche.
Il nome di quest’ultimo non è nuovo a chi si occupa di ‘Ndrangheta. Nel corso dell’ operazione ‘Santa’ del 2009 Achille P. era infatti già stato identificato dalle autorità tedesche come capo del clan di Engen, pittoresco paese del Baden-Württemberg. Lo scopo principale della visita di La Rosa era, secondo gli inquirenti, quello di portare personalmente ai due capi clan gli inviti al matrimonio della figlia Giusi, circostanza che fornisce ulteriore prova della loro vicinanza.
Sarà poi proprio in occasione della loro partecipazione alla cerimonia nuziale che Antonio Nesci e Raffaele Albanese, altro componente del clan di Frauenfeld, verranno tratti in arresto a Marina di Gioiosa Ionica. L’accusa è per entrambi associazione mafiosa.
Il 26 Agosto, in seguito al fermo dei due affiliati, La Rosa partiva un’ultima volta verso la Svizzera con l’intenzione di mettere in guardia gli esponenti della cosca locale da possibili ‘visite’ indesiderate. Secondo le indagini, questo elemento fornisce la chiave di volta nel comprovare l’esistenza di un „indissolubile collegamento tra le locali svizzere e il locale di Giffone diretto da La Rosa“.
Il 18 Novembre scorso i Carabinieri del ROS di Milano hanno messo le manette ai polsi di Giuseppe La Rosa a conclusione dell’inchiesta ‘Insubria’.
Il suo è stato solo uno dei numerosi arresti che, negli ultimi mesi, hanno contribuito ad assestare un duro colpo alle cosche di base in Svizzera e Germania. Esponenti illustri dei clan d’oltralpe però, come Achille P. di Engen, rimangono a piede libero. Perche in Germania essere affiliati ad un clan mafioso in se non costituisce reato, non avendo la legislazione tedesca un reato di associazione mafiosa. Abbiamo contattato Achille P. per chiedere un suo commento, inviando una lettera raccomandata. Ha preferito non rispondere.
Lena Niethammer, Matteo Civillini, Cecilia Anesi, Giulio Rubino