Muore il pentito Carmine Schiavone, una delle menti del traffico di rifiuti in Campania
Carmine Schiavone, il pentito della Camorra che un anno e mezzo fa scosse l'Italia con le sue rivelazioni sugli sversamenti di rifiuti tossici in Campania, è morto ieri in ospedale a Viterbo all'età di 71 anni.
Ricoverato dal 10 Febbraio scorso, costretto a letto da una caduta dal tetto della sua casa, Schiavone sarebbe morto per arresto cardiaco dopo un malore nonostante l’intervento chirurgico alla schiena fosse andato bene. La sua cartella clinica è adesso nelle mani delle autorità che hanno anche chiesto un autopsia. “Bisognerà capire bene come sia morto, venerdì sembrava star bene” ha dichiarato il procuratore capo di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho, che per anni ha lavorato alla Direzione Distrettuale Antimafia anche sugli Schiavone.
Il business dei rifiuti ha fatto la fortuna della famiglia Schiavone, ed in particolare del cugino di Carmine, il famigerato Francesco „Sandokan“ Schiavone.
I ‘Casalesi’ furono inizialmente restii a dedicarsi a questo business, come rivela un intercettazione del 1988 in cui proprio Carmine e Francesco parlano della proposta ricevuta dell’imprenditore Cipriano Chianese a dedicarsi a questo business.
Chianese è considerato da alcuni l’inventore dell’ecomafia; indagato oggi per disastro ambientale e associazione mafiosa aveva cominciato la sua carriera acquistando terreni, secondo alcuni pentiti proprio con il supporto del clan dei Casalesi.
In un primo momento Francesco e Carmine Schiavone rifiutarono di mettersi in un business che avrebbe avvelenato la loro terra, ma è oramai storia come abbiano presto cambiato idea e si siano dedicati anche loro a questo vantaggioso affare.
Secondo le sue stesse rivelazioni Carmine Schiavone era stato ‘condannato a morte’ dalla camorra nel 1991. Il cugino Francesco in carcere, Carmine si voleva ritirare, dichiara. „Ero assolutamente contrario al traffico di fanghi radioattivi provenienti da Germania, Francia, Gran Bretagna e Cecoslovacchia. Ci sono cinque milioni di persone che moriranno per lo sversamento di quei rifiuti. Bidognetti e mio cugino Sandokan prendevano 600 milioni al mese, ma nelle casse del clan ne mettevano solo 100“.
Dopo il pentimento e la collaborazione con la giustizia, per Carmine Schiavone arrivò un tipo diverso di fama: con le sue dichiarazioni pubbliche, riprese da tutti i media Italiani, sembrava volersi ergere a paladino tardivo di una terra martoriata dal business dei veleni, ma non sempre le sue indicazioni hanno permesso ai magistrati di portare avanti le indagini.
Il giornalista Sandro Ruotolo, che in diverse occasioni aveva parlato con il pentito, ha raccontato di averlo incontrato solo la settimana scorsa „mi ha detto due cose: che ha portato le forze dell’ordine a fare un sopralluogo in una zona ben precisa della Terra dei Fuochi e che avrebbe raccontato alle autorità ciò che l’anno scorso ci disse di non poter ancora rivelare“
Giulio Rubino, Cecilia Anesi