Operazione Kalyroon. Venti arresti a San Cataldo per mafia
Droga, estorsioni, prostituzione anche minorile, c'è tutto il campionario dei classici crimini mafiosi nel curriculum delle 20 persone arrestate la notte scorsa dalla polizia di Caltanissetta, in collaborazione con le squadre mobili di Milano, Bergamo, Mantova e Parma.La famiglia mafiosa di San Cataldo (Caltanissetta) è oggi decapitata, dopo che le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia e le lunghe indagini delle forze dell'ordine hanno ricostruito la struttura della cellula mafiosa e hanno documentato le modalità dell'esecuzione delle attività criminali.
Il ‘boss’ dell’organizzazione, Maurizio DV, assieme ad Antonio e Salvatore C era già caduto nella rete della giustizia al tempo dell’operazione ‘Leopardo’ del 1992; un blitz nato dalle dichiarazioni del pentito Leonardo Messina, che aveva indicato i tre uomini come ‘organici’ di Cosa Nostra e a disposizione del Messina per lo spaccio di droga, il traffico di armi e gli attentati estorsivi.
I tre, tornati in libertà fra il 2003 ed il 2007, hanno subito ripreso la vita di un tempo, in primo luogo riprendendo il potere dalle mani di Salvatore Calì (assassinato nel dicembre 2008) che aveva retto la famiglia fino alla liberazione di Maurizio DV.
Maurizio DV infatti è apparentemente sostenuto da Cataldo Terminio, storico boss della zona condannato in appello a 30 anni nel 2013 come esecutore materiale dell’omicidio di Gaetano Carollo, reggente in Lombardia del potere delle mafie Corleonesi ammazzato a Liscate (MI) nel 1987.
Maurizio DV sarebbe quindi un membro attivo di Cosa Nostra almeno dal 1980, trentacinque anni di carriera al fianco dei suoi collaboratori più stretti: i fratelli Antonio e Salvatore C e più recentemente, Alfonso L.
Le estorsioni compiute dal gruppo datano fin dal 1999, quando DV e Antonio C riscuotevano il ‘tradizionale’ 3% di pizzo dalla ditta di Carmelo Gangemi, che aveva ottenuto i lavori di miglioramento della strada provinciale per San Cataldo. In altre occasioni invece, come nel 2006 ai danni di Pasquale Maiorana, l’estorsione prendeva la forma dell’imposizione di ditte ‘amiche’ dei mafiosi a cui doveva essere assegnato il subappalto di lavori, un metodo molto utilizzato per nascondere il passaggio di denaro alla famiglia mafiosa.
Non è stato semplice per gli inquirenti documentare le estorsioni compiute da DV e compagnia, specialmente per la scarsa collaborazione delle vittime; quegli imprenditori che, evidentemente, sono troppo intimiditi dal potere della mafia sul territorio per farsi avanti. La natura di questo potere è infatti rivelata da come Maurizio DV, come Antonio C e anche Alfonso L, fossero spesso contattati per ‘risolvere’ questioni che in teoria non li riguardavano affatto. Furti in casa, rapine subite da esercizi commerciali, spesso le vittime di questi reati si rivolgevano direttamente al ‘boss’ per avere giustizia, chiedendo la protezione per la quale, evidentemente, avevano già pagato il prezzo.
Lo spaccio di droga invece e lo sfruttamento della prostituzione si avvalevano del supporto di uno specialista: Carmelo G, che con Antonio C e Alfonso L si è incontrato almeno 45 volte in meno di un anno. Una stretta collaborazione dunque, incontri dagli argomenti più disparati: da documenti a ragazze da presentare, da motori di auto a consegne di autovetture.
E invece, in diversi degli incontri monitorati dalla polizia, si è assistito allo scambio di pacchetti, di involucri o alla consegna di somme di danaro. Dopo ogni incontro, Antonio C o Alfonso L correvano da Maurizio DV, che evidentemente non voleva avere contatti diretti con i fornitori degli stupefacenti.
Carmelo G. aveva in mano anche la gestione della prostituzione, un business in cui era aiutato da alcuni cittadini Rumeni, che si occupavano di reclutare le ragazze nell’Europa dell’est, e di trasferirle poi in Italia alloggiandole in case di proprietà degli arrestati. I due Rumeni: Adrian Daniel P e Diana C, sono riusciti a sottrarsi all’arresto e sono ora latitanti.
Giulio Rubino, Cecilia Anesi