Faida di mafia a Paternò: 16 arrestati
Partendo da due fatti di sangue dell’estate scorsa, i Carabinieri di Paternò, Catania, sono riusciti a scoprire una faida tra due gruppi mafiosi, entrambi articolazioni del clan Laudani legato alla famiglia Santapaola ma contrapposti da una serie di omicidi, e ad arrestare 16 associati di entrambe le fazioni. Da una parte quindi il clan Morabito-Rapisarda e dall’altra quello legato al defunto Salvatore Leanza (appartenente al clan Alleruzzo-Assinnata).
Le indagini hanno permesso di ricostruire le strutture dei due clan, e di arrestare 16 persone ritenute responsabili dei reati di associazione di tipo mafioso, omicidio, tentato omicidio.
I provvedimenti restrittivi, firmati dal G.I.P. di Catania, scaturiscono dagli esiti dell’attività investigativa sviluppata dai Carabinieri del Reparto Operativo di Catania e della Compagnia di Paternò, sotto la direzione ed il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania a seguito dell’omicidio di Salvatore Leanza, giustiziato a giugno 2014.
Salvatore Leanza, del clan Laudani, era stato scarcerato da pochi mesi, dopo avere scontato una lunga condanna per associazione mafiosa e omicidio. Nel 1980 aveva ammazzato, tra gli altri, anche Alfio Rapisarda, elemento di spicco del sodalizio mafioso Alleruzzo, già operante su Paternò e contrapposto a quello dei Laudani.
Il sospetto che l’esecutore potesse essere Salvatore Rapisarda, fratello di Aldo ed altro vertice del clan Morabito-Rapisarda è stato confermato dal fatto che, subito dopo l’omicidio di Leanza, Salvatore si era rintanato in casa temendo una rappresaglia. I Carabinieri lo hanno tratto in arresto poco dopo.
A seguire, il 30 luglio 2014, era la volta di Antonino Giamblanco, uomo di fiducia del defunto Leanza. Mentre si trovava alla guida della proprio auto, due killer avevano cercato di ucciderlo sparando all’impazzata. Un attentato da cui però Gianmblanco riesce a fuggire illeso.
A questo punto i Carabinieri non hanno dubbi. I due episodi sono connessi. Il tentato omicidio di Gianmblanco rientra in una strategia del clan Morabito-Rapisarda di completa eliminazione del gruppo di Leanza Salvatore e ovviamente concepito anche al fine di scongiurare una possibile vendetta.
Tra gli arrestati c’è anche il figlio di Salvatore Rapisarda, che fu trovato in possesso di molte armi, tra cui anche quella che sparò nel tentativo di ammazzare Giamblanco.
Questi fatti sono stati confermati anche da un collaboratore di giustizia, F.M., che si è auto-accusato quale esecutore materiale degli omicidi e che ha deciso di aiutare gli inquirenti a fare chiarezza sulla faida.
Di Cecilia Anesi e Giulio Rubino