Il pizzo alla base di un gruppo camorristico affiliato ai Casalesi
Sono stati fermati grazie alla denuncia di imprenditori sul territorio, schiacciati dalle richieste di pizzo. Si arrivava addirittura a cinquemila euro durante le festività o se veniva vinto un appalto. Un pizzino incastra i criminali, e permette ai Carabinieri di arrestare gli ultimi luogotenenti liberi del gruppo camorristico di Cancello-Arnone, nel casertano.
Quando uno veniva arrestato, l’attività estortiva la portava avanti un’altro. Si alternavano così, con un passaggio di testimone, i camorristi di uno specifico gruppo che operava nei territori casertani di Cancello e Arnone con la benedizione delle fazioni Bidognetti e Zagaria del clan dei Casalesi.
Questo è ciò che emerge dalle indagini dei Carabinieri della Compagnia di Casal di Principe che, coordinati dalla DDA di Napoli, hanno ricostruito l’assetto dell’organizzazione criminale che capeggiava sul territorio dal 2002 al 2014.
E’ un pizzino a confermare l’ipotesi investigativa. Quando uno dei vertici del gruppo camorrista si trovava detenuto, mandava al suo ‘luogotenente’ istruzioni dal carcere usando il vecchio metodo del pizzino. Le istruzioni erano chiare: devi convincere quegli imprenditori che hanno denunciato il pizzo a ritrattare. I carabinieri lo hanno scoperto perché tenevano sotto sorveglianza il ‘luogotenente’ e lo avevano intercettato mentre spiegava alla moglie come avrebbe dovuto agire per convincere gli imprenditori a ritirare la denuncia.
Agli imprenditori del territorio il gruppo camorristico aveva imposto una vera e propria ‘doppia-tassazione’, arrivando a chiedere fino a cinquemila euro o in occasione di aggiudicazione di gare d’appalto o più semplicemente per le varie festività come Pasqua, Natale e Ferragosto.
Grazie all’usura il gruppo criminale traeva una base economica, con la quale teneva salda l’associazione mafiosa – beneficiando anche di una diffusa omertà – per poi portare avanti tutte le altre attività illecite proprie della Camorra.
Oggi il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Napoli ha spiccato dieci ordinanze di custodia cautelare in carcere per i camorristi accusati di associazione mafiosa e di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Otto degli indagati si trovavano già in carcere, mentre due erano ancora a piede libero e agivano da cardini sul territorio.
E’ grazie alle denunce degli imprenditori del territorio, non ritirate, che si è potuti arrivare agli arresti di oggi e alla costruzione di un’indagine che a breve porterà a processo.