Bar e ristoranti a Prato e Firenze: gli investimenti della ‘ndrangheta lungo l’Arno
Scorrevano lungo l’Arno gli interessi della ‘ndrina di Strongoli, cittadina in provincia di Crotone, Calabria. Era infatti tra Firenze e Prato che un imprenditore calabrese da anni in Toscana avrebbe investito in bar, ristoranti e complessi immobiliari senza poterselo permettere, suscitando così i sospetti dell’antimafia.
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Ecco a voi l’operazione „Becco d’Oca“, che prende il nome da uno dei bar sequestrati questa mattina dagli agenti dell’antimafia. Il bar, ubicato a Prato in Via Ferrucci, sarebbe parte di una rete di reinvestimento di capitale illecito da collegare alla ‘ndrina Giglio. A tirare le fila, un’imprenditore calabrese che aveva pensato di essere al sicuro tra le dolci valli dell’Arno.
L’imprenditore, il cui nome non è stato disvelato, aveva messo a punto un sistema infallibile per il reinvestimento di capitali: grazie allo strumento contabile del cosiddetto ‘finanziamento soci’ non aveva bisogno di ricorrere al mercato finanziario per fare circolare il capitale tra le sue società. E così era riuscito, secondo gli inquirenti, ad reinvestire i soldi della ‘ndrina Giglio a cui risulterebbe legato.
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Il bar-ristorante Becco d’Oca a Prato
Scattano cosi i sigilli per equivalente per nove aziende, 42 tra conti bancari, libretti di deposito e dossier titoli, cinque auto, sette immobili tra cui il complesso ‘Il Teatro’ di nuova costruzione e in vendita in Via O.Vallecorsi a Prato, il bar-ristorante ‘Il Becco d’Oca’ a Prato, il bar-pasticceria Barco in Via Baracca a Firenze, non lontano dalla pizzeria ‘Man’ anch’essa sequestrata, e il bar-pasticceria ‘Caldana’ in Piazza Leopoldo sempre a Firenze.
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Il bar Caldana a Firenze
Ad effettuare il sequestro questa mattina sono stati gli agenti della Direzione Investigativa Antimafia (D.I.A.) di Firenze, coordinati nelle indagini dal Procuratore Capo del capoluogo Toscano, Giuseppe Creazzo, e dal sostituto Squillace Greco.
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Il bar Barco a Firenze
Senza un reddito dichiarato che potesse giustificare tali investimenti, l’imprenditore spesso ricorreva a prestanome per muoversi in terra toscana. Usando appunto lo strumento del ‘finanziamento soci’ — per l’accusa — la ‘ndrina riusciva a versare direttamente nelle casse delle imprese soldi tramite soci dell’azienda, descrivendo i movimenti di capitale come auto-finanziamento e sostanzialmente mettendo in atto un sofisticato sistema di riciclaggio di denaro sporco.
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Il complesso immobiliare Il Teatro a Prato
Gli uomini della D.I.A. di Firenze hanno potuto ricostruire la reale capacità patrimoniale dell’imprenditore, notando come i soldi non fossero suoi. Sempre durante le indagini, è stato accertato un flusso di denaro verso la Calabria, in favore del reggente della ‘ndrina „GIGLIO“ di Strongoli (KR), sul quale sono in corso ulteriori approfondimenti investigativi.