Gli interessi della ‘ndrangheta reggina nel centro commerciale La Perla dello Stretto
Reggio Calabria è ancora e a tutti gli effetti stretta nella morsa dell'imprenditoria criminale di stampo 'ndranghetista. Lo conferma ancora una volta l'operazione “Fata Morgana” della Guardia di Finanza di questa mattina, che ha scoperchiato un sistema criminale in grado di alterare gli equilibri della classe dirigente ed imprenditoriale della città.
A coordinare le indagini i sostituti procuratori Giuseppe Lombardo, Rosario Ferracane, Luca Miceli e Stefano Musolino della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria. I pm hanno scoperto come una serie di soggetti appartenenti alla cosiddetta „zona grigia“ che erano riusciti – anche grazie ad agganci nella pubblica amministrazione – a fare diventare la riapertura del centro commerciale „La Perla dello Stretto“ un affare di ‘ndrangheta a tutto tondo.
Questa volta l’affare girava attorno alla redistribuzione dei punti vendita della grande
distribuzione alimentare, dopo che il fornitore GDM S.p.a. (Carrefour) del centro commerciale era fallito e le imprese riferibili gli imprenditori Suraci e Crocè (SGS Group S.r.l. a cui era affiliata SMA Sicilia) erano state sequestrate. Insomma, bisognava trovare nuovi gestori per la distribuzione alimentare. E la ‘ndrangheta non aveva intenzione di rimanere a guardare. Ecco quindi che la ‘ndrangheta è riuscita a dare il via ad un connubio con professionisti del settore, che sono di fatto riusciti ad influenzare tanto le aggiudicazioni dei punti vendita nel centro commerciale quanto lo specifico imprenditore della grande distribuzione che avrebbe avviato l’esercizio commerciale “food“ ne „La Perla dello Stretto“.
Grazie a due professionisti collusi, la ‘ndrangheta è quindi riuscita a fare ripartire il centro commerciale assicurandosi che una società, creata ad hoc e facente capo ad un noto imprenditore del settore, fosse l’unico ipermercato a prendere il posto lasciato vuoto dalla G.D.M. S.p.a. A rendere il tutto possibile, una pletora di noti professionisti reggini che, relazionandosi con esponenti della politica e della pubblica amministrazione, hanno di fatto permesso burocraticamente la riapertura della Perla dello Stretto.
Ma non basta. Da brava ‘mafia’ che si rispetti, la ‘ndrangheta aveva messo in piedi un sistema di racket ai danni dei commercianti minori del centro commerciale, costretti a firmare un ‘contratto consortile’ che di fatto altro non è che un sofisticato sistema di ‘pizzo’. L’unico commerciante che aveva osato ribellarsi era finito con il negozio bruciato.
Le fila le tirava l’ex deputato Paolo Romeo, gia condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, uomo con in mano un enorme potere di indirizzo sulle sorti delle principali attività economiche cittadine, coadiuvato dall’emergenza disoccupazione che a Reggio Calabria è a tutti gli effetti un cronico fattore di sottosviluppo. Il sistema messo a punto a Paolo R. strozzava ulteriormente la città ancora perché era anche in grado di influenzare la pubblica amministrazione e la politica.
Le Fiamme Gialle hanno quantificato la mole dei capitali investiti dalla criminalità nell’affare della Perla, sequestrando beni per equivalente per un totale di 34 milioni di euro – 3 dei quali sono riconducibili al valore della sola apertura dell’ipermercato dentro al centro commerciale.
Sono sette le persone finite in manette, tra imprenditori e professionisti, e molte le perquisizioni a carico di soggetti operanti nel settore economico, imprenditoriale, politico e dirigenti pubblici, collegati, a vario titolo, agli arrestati.
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