Mafia (IT)

Scommettete che non ci fermate?

A gennaio 2013 la Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Bologna aveva fermato quello che veniva considerato un network mafioso, coordinato da 'ndranghetisti e coadiuvato da camorristi, dedito al controllo del gioco d'azzardo online in Emilia Romagna. La struttura aveva anche ramificazioni in Gran Bretagna e Romania. Oggi però il network sembra forte quanto prima, nonostante gli arresti.

von Cecilia Anesi , Giulio Rubino

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Sono tornati i Femia, o meglio, non se ne sono mai andati. Poco importano gli arresti, grazie a trucchi societari, hanno aziende ancora attive nel settore e si preparano a partecipare ad una grande fiera di settore a Roma. Insomma, nonostante indagini antimafia, arresti, incarcerazioni e giornalisti sotto scorta, i Femia sembrano davvero inarrestabili.

Lo hanno denunciato a La Repubblica il deputato di Sel Giovanni Paglia e il consigliere regionale dell’Altra Emilia-Romagna, Piergiovanni Alleva, che chiedono l’intervento del Governo e della Regione per la „torbida“ vicenda.

Alleva ha anche proceduto con un’interrogazione alla Giunta di Stefano Bonaccini, che governa l’Emilia Romagna. Secondo il consigliere regionale le condanne non avrebbero fermato le attività imprenditoriali degli ‘ndranghetisti nel campo del gioco d’azzardo.

Nello specifico, parliamo della famiglia Femia, capitanata da Nicola ‘Rocco’ Femia alias „u curtu“, oggi in carcere. Nella sua carriera Femia é stato affiliato a diversi clan di ‘ndrangheta, prima i Mazzaferro, poi i Valle-Lampada e recentemente i potenti Alvaro.

Le 300 pagine di ordinanza di custodia cautelare emesse dalla DDA dipingono chiaramente la caratura criminale del soggetto. Arrestato nel 2002 in una vasta operazione antidroga contro la ‘ndrangheta in Calabria, Femia viene condannato in primo grado a 23 anni per traffico di droga ma arriva fino in Cassazione con un appello.

Nel frattempo Femia ha costruito un impero economico in Emilia Romagna, dove ha dato via al fruttuoso business delle scommesse online che, essendo in quella che si potrebbe definire una „area grigia“ giuridica hanno da tempo attratto la criminalità organizzata. Il gambling online permette, come hanno dimostrato anche le recenti indagini della DDA di Reggio Calabria, il riciclaggio di enormi quantità di denaro sporco. Nel caso di Black Monkey parliamo di un business di proporzioni epiche, più di 50 sale sul territorio nazionale connesse a siti per scommesse, ovviamente tutti registrati all’estero.

Di ricercare questo aspetto si è occupato Matteo Civillini in una tesi di laurea alla City University di Londra, portata avanti in collaborazione con il centro di giornalismo d’inchiesta Investigative Reporting Project Italy (IRPI).

Secondo l’indagine della DDA, i casinó online di Femia sono stati tutti registrati da una società delle British Virgin Islands tramite la nominee Sarah Louise Petre-Mears, giá identificata come prolifica prestanome per migliaia di aziende dall’inchiesta Offshoreleaks dell’International Consortium of Investigative Journalists (ICIJ). Sarah Louise Petre-Mears non ha risposto alla richiesta di commento.

Dal canto suo, Femia é noto per non avere mezze misure. Il suo impero di gambling veniva gestito con i soldi, e con la violenza laddove necessario. Lo ha scoperto a sue spese il giornalista de L’Espresso Giovanni Tizian, finito sotto scorta proprio per averne scritto.

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Giovanni Tizian, giornalista minacciato da Nicola Femia

Oggi peró grazie alla denuncia del gruppo antimafia dello Zuccherificio di Ravenna si scopre che una delle aziende riconducibili a Femia, la Starvegas (formalmente della figlia di Femia, con altro nome, viene ceduta a terzi e spostata a Milano), ha appena aperto una sede a Lugo di Romagna, campo base per il business dei Femia. Una coicidenza al quanto preoccupante, secondo il gruppo antimafia e i politici denuncianti.

Ma c’è di più, sempre il gruppo Zuccherificio ha scoperto che la Starvegas sarà ospite questo autunno a Roma alla fiera dell’Enada, una fiera specializzata nel settore delle scommesse online. Per questo il consigliere Alleva chiede alla regione „se non ritenga opportuno attivarsi per contrastare il ripetersi di tali situazioni opache“, riporta La Repubblica.

Femia, sentito tramite un legale a giugno scorso dall’Investigative Reporting Project Italy, non ha voluto commentare le accuse.

Ha collaborato Matteo Civillini, di Vice News IT