Duro colpo al Clan Bidognetti, arrestato capo per estorsione
La criminalità organizzata cambia metodi, ma non abbandona quelli vecchi. Se da un lato sono in aumento le indagini che legano crimini finanziari e investimenti apparentemente puliti a capitali mafiosi, dall’altro il “pizzo”, l’estorsione, è ancora uno dei metodi principali per finanziare i clan e provvedere alle ‘spese’ degli affiliati in carcere. Ne sono la prova i 18 arresti effettuati nell’ultimo anno per questo crimine dalla Squadra Mobile di Caserta solo per quanto riguarda il clan Bidognetti, affiliato alla Camorra dei Casalesi.
Gli ultimi arresti riguardano Dionigi P., classe ’62, e Giuseppe B., classe ’78, entrambi di Casal di Principe. Il primo aveva recentemente assunto la guida del gruppo Bidognetti occupandosi proprio della riscossione del pizzo.
P. è del resto una personalità criminale di un certo rilievo, essendo stato già condannato nell’ambito del processo “Spartacus”, che aveva visto condannati Francesco „Sandokan“ Schiavone, Francesco Bidognetti, Michele Zagaria e Antonio Iovine. In passato il clan Bidognetti aveva collaborato alle attività di traffico di rifiuti denunciate dal pentito Carmine Schiavone, interrando fra gli altri, secondo Schiavone, anche rifiuti di tipo nucleare provenienti dalla Germania.
Grazie ad una dettagliata attività di indagine, basata sopratutto su intercettazioni ambientali, la Squadra Mobile è riuscita a ricostruire come P. e B. avessero cercato di ottenere denaro da due imprenditori del settore edilizio, impegnati nella costruzione di 90 appartamenti in provincia di Caserta.
Gli edifici non erano ancora terminati, e le vittime hanno cercato di spiegare che, non avendo potuto neppure cominciare a vendere gli appartamenti, ancora non c’erano soldi. Ma P. e B. avevano insistito per avere la somma richiesta prima della scadenza di ferragosto.
Anche di fronte a queste pressioni però, le vittime non hanno in alcun modo cercato di denunciare l’estorsione subita, anzi. Solo quando la polizia li ha messi di fronte alle prove raccolte si sono decisi ad ammettere le vessazioni a cui erano sottoposti.
Cecilia Anesi, Giulio Rubino