Mafia (IT)

Tre milioni di euro di beni sequestrati al cugino di Matteo Messina Denaro

Tre milioni di euro di beni, mobiliari e immobiliari, sono stati sequestrati all’imprenditore Giovanni F. di Castelvetrano, Trapani, cugino del boss latitante Matteo Messina Denaro. Alle prime luci dell’alba infatti, le Fiamme Gialle e i ROS dei Carabinieri di Palermo, hanno fatto scattare i sigilli in un’operazione antimafia coordinata dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA).

von David Schraven

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Il provvedimento di sequestro è stato emesso dal Tribunale di Trapani – Misure di Prevenzione, che ha accolto la proposta di misura di prevenzione patrimoniale finalizzata alla confisca della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo.

L’imprenditore Giovanni F. era stato arrestato nel marzo del 2010 nell’ambito dell’operazione „GOLEM — fase II“, ma assolto in primo grado dal Tribunale di Marsala. L’accusa, per il reato di associazione mafiosa, riguardava la sua presunta appartenenza al“mandamento“ di Castelvetrano (TP), per il quale avrebbe curato le attività estorsive, il reinvestimento dei proventi e la messaggistica dei pizzini da e per il boss latitante Messina Denaro.

L’anno scorso però, il 13 Dicembre, Giovanni F., veniva nuovamente arrestato nell’ambito dell’ „OPERAZIONE EDEN“, coordinata dal Procuratore Aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, Teresa Principato, in quanto ritenuto membro di Cosa Nostra e colpevole del delitto di trasferimento fraudolento di beni, al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa.

A seguire, una intensa attivita’ d’indagine economico-finanziaria, coordinata dal PM della D.D.A. di Palermo, Bernardo Petralia, che ha „consentito di dimostrare la manifesta sproporzione tra il valore dei suddetti beni e la capacità reddituale dell’imprenditore colpito dall’odierno provvedimento“ – si legge nel comunicato stampa – „tale da non consentire la possibilità di acquisire le risorse finanziarie, idonee ad avviare autonomamente nuove attività commerciali, dai redditi legittimamente dichiarati dall’interessato. Tali disponibilità, pertanto, sono da considerarsi frutto delle attività illecite o il reimpiego dei relativi proventi.“