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Dove si nasconde Matteo Messina Denaro?

Dove si nasconde Matteo Messina Denaro, il boss dei boss, il capo di Cosa Nostra, latitante da 22 anni? Messina Denaro è uno dei criminali più ricercati al mondo, famoso per avere dichiarato di potere riempire un cimitero con tutte le persone da lui ammazzate. Messina Denaro, probabilmente, sarebbe anche nella top ten degli uomini più ricchi al mondo, se non fosse un mafioso. Ma dove si nasconde? Braccato dallo Stato, isolato dalla sua rete di messaggeri appena arrestati, secondo fonti raccolte in esclusiva dal Mafia Blog, Matteo avrebbe scelto anche Namibia e Germania come luoghi di latitanza.

von Giulio Rubino , Margherita Bettoni , Cecilia Anesi

Su Matteo Messina Denaro in questi giorni è stato scritto un po’ di tutto. I virgolettati del magistrati sui principali giornali italiani e siciliani sono contrastanti. Da una parte sembra che Messina Denaro sia braccato, che il cerchio si stia chiudendo, da un’altra sembra che lo Stato sia ben lontano dal catturarlo. E’ normale che non si voglia fare capire a che punto stanno le indagini. E per questo ci sia confusione. Eppure dovrebbe essere compito dei giornalisti andare un po’ più a fondo, provare almeno a immaginare, con elementi concreti in mano, come sia la situazione.

Invece ci sembra che questo sforzo di fantasia sia mancato del tutto, nei giorni scorsi.

Si è scritto che il boss è sempre più solo, e che ha bisogno dei pizzini per impartire ordini e per farsi mandare soldi – presumibilmente in Svizzera – per sopravvivere. Sembra che lo Stato gli sottragga uomini e soldi da tutte la parti. L’ultima di questa mattina è la notizia della confisca al cognato del boss per 600mila euro.

E poi, in contraddizione, si è scritto che il boss siede su un forziere, che ha un patrimonio inestimabile.

Messina Denaro è isolato o no? Quanto contavano davvero gli 11 messaggeri arrestati?

La verità è che fino a quando il latitante resta uccel di bosco, non lo sapremo mai. Ma bisogna fare uno sforzo di immaginazione. Cosa Nostra da una parte rimane tradizionalista, e per questo un capo dei capi deve passare del tempo nel territorio originario, per essere ancora ‘capo’. Deve potere fare sentire la sua presenza. Al tempo stesso però Messina Denaro ha segnato il cambio nella mafia Siciliana, dalle stragi ai soldi, dal sangue al capitale. Cosa Nostra, sotto di lui, è diventata una vera e propria multinazionale del crimine, senza confini, con conti bancari racchiusi nelle migliori ‘conchiglie’ offshore del mondo, e con intere fette di risorse del mondo iscritte nella lista del patrimonio.

Non si sa dove si nascondano i suoi soldi e le sue ricchezze, ma sappiamo non essere solo sue. In quanto reggente di Cosa Nostra, il forziere di Messina Denaro è un bottino liquido, che viene reinvestito nell’economia ‘pulita’, ovvero in beni mobili, immobili, risorse minerarie e alta finanza per potere mandare avanti la mafia, e quindi tutte le attività illecite che la contraddistinguono.

Di questo ne abbiamo un esempio che nessuno in questi giorni ha citato, ma che riteniamo fondamentale: Vito Roberto Palazzolo. Lo abbiamo raccontato con l’inchiesta ‘Mafia in Africa‘, quanto fosse importante il cassiere di Cosa Nostra per il well-being della mafia. Oggi Palazzolo è incarcerato al 41bis ma fino al 2012 – per oltre 30 anni – è stato latitante in Sudafrica e Namibia vivendo una vita da imprenditore di lusso e riciclando e investendo immensi capitali per la mafia siciliana. E con lui, vicino a lui, negli anni ci sono stati altri importanti siciliani. Salvatore Morettino, che ha inaugurato la discesa in Sudafrica, e che dagli anni ’80 si è assicurato che i capitali di Cosa Nostra potessero viaggiare estero su estero in conti bancari sudafricani, svizzeri, lussemburghesi. Vito Bigione, narcotrafficante che per il clan Agate aveva costruito un hub navale a Swakopmunt, sulla magnifica costa Namibiana, per portare in nave droga dal Sud America alla Sicilia – pit stop Africa. E Giovanni Bonomo, boss in fuga, aiutato proprio da Palazzolo e nascosto nelle sue ville e nelle sue fattorie in Sudafrica e Namibia. Ecco, noi in quelle fattorie sperdute nel bush namibiano ci siamo stati. Una fonte di alto livello che preferisce restare anonima sostiene che siano il luogo perfetto per nascondere latitanti e per traffici di diamanti. Diamanti che arriverebbero dalla vicina Angola, a nord, o da altri paesi limitrofi con diamanti ‘insanguinati’, ovvero diamanti proibiti dal Kimberly Protocol. E come nelle migliori storie di Cosa Nostra, Palazzolo in Nambia ha saputo fare il criminale e il grande imprenditore. Da una parte quelle fattorie sospette, dove Bonomo aveva trovato rifugio, dall’altra le joint-venture diamantifere (legali) con il figlio del primo (ormai ex) presidente del paese, Nujoma.

Per gli agenti del G.O.A. della Guardia di Finanza di Catanzaro, fiore all’occhiello della lotta al narcotraffico in Italia, che per anni hanno dato la caccia a Vito Bigione non ci sono dubbi. Vito Bigione laggiù lavorava grazie all’appoggio di Palazzolo, perché entrambi sono uomini di Matteo Messina Denaro. E sarebbe proprio laggiù, in quelle fattorie e tra quelle ville di lusso, che a volte si nasconderebbe lo stesso Messina Denaro.

Infondo lo stesso Palazzolo viveva con finto nome, quello di Robert Von Palace Kolbatshenko, e nei primi anni ’90 non aveva esitato ad entrare in Namibia con un passaporto Uruguayano falso quando ne aveva avuto bisogno. La Namibia non si è mai preoccupata di collaborare realmente con le forze dell’ordine italiane, e l’unico procuratore che aveva provato ad indagare su Bigione, Nico Horn, ci ha raccontato di non avere potuto dimostrare le responsabilità di Bigione per problemi sui test della cocaina sequestrata.

Se Messina Denaro utilizzi davvero la Namibia, e altri paesi africani, per la sua latitanza, non possiamo saperlo, ma sappiamo che la rete che potrebbe nasconderlo da quelle parti è tutt’ora in piedi e tutt’ora molto forte.

Passare momenti di latitanza in Namibia non significa solo scappare, significa anche investire grandi capitali per esempio nell’industria diamantifera, quella stessa industria dove Palazzolo ha costruito un’impero per Bernardo Provenzano, per se, e per la Cosa Nostra tutta. Oggi guidata da Messina Denaro.

In un’intervista a Il Fatto Quotidiano, Maria Teresa Principato, procuratore aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo che da la caccia al latitante da dieci anni, ha dichiarato che Messina Denaro sta sempre meno tempo in Sicilia „si sposta per affari ad altissimo livello. Abbiamo riscontri della sua presenza in Brasile, Spagna, Inghilterra e Austria.“

Noi abbiamo un’altra testimonianza diretta. Quella di un ex-killer di Cosa Nostra. Quando nel 2013 abbiamo girato il documentario Mafia in Deutschland, l’ex-killer ci ha raccontato come „per Messina Denaro la Germania sia molto importante. É importante per i business, e lui passa del tempo tra la Sicilia e la Germania.“

Insomma, dove sia davvero il capo dei capi è impossibile dirlo. Certo è che i suoi tentacoli, in questi 22 anni di latitanza, sono arrivati in Germania, Inghilterra, Spagna e si sono sparsi in Sud America e in Africa. In qualche modo, si può dire, Messina Denaro è un vero boss glocal, radicato in Sicilia ma capace di fare suoi molti altri mondi. E con lui, Cosa Nostra.